VENEZIA CAPITALE MONDIALE DELL'ACQUACOLTURA SOSTENIBILE D'ACQUA DOLCE
di Domenico Letizia
Venezia punta a divenire la capitale dello sviluppo sostenibile. La Giunta regionale del Veneto ha approvato una delibera, presentata dal Presidente Luca Zaia, in cui promuove il progetto “Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità”: un piano di interventi funzionali allo sviluppo sostenibile del territorio, con fulcro la città capoluogo. La nuova progettualità dichiarata intende sviluppare un’azione condivisa e integrata con ricadute positive per tutta la regione in termini di sviluppo sostenibile, crescita occupazionale, miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione, transizione industriale ed energetica. Tra le priorità evidenziate per la realizzazione di questo progetto troviamo lo sviluppo di un centro di innovazione e accelerazione sui temi della sostenibilità, la promozione di Venezia quale sede di nuove Fondazioni e Centri di Ricerca la manutenzione e la difesa della laguna, nonché la candidatura della città ad ospitare un evento annuale sul tema della sostenibilità. Queste progettualità legate alle prossime politiche regionali non possono dimenticare l’importanza dello sviluppo sostenibile legato alla pesca e all’acquacoltura di acqua dolce, valorizzando il prodotto ittico di qualità dei bacini del Delta del Po.
La salvaguardia del pesce di acqua dolce è divenuta oggi una priorità mondiale. Nei fiumi e nei laghi del mondo a soffrire sempre di più risultano oggi i pesci d’acqua dolce: un terzo della popolazione mondiale di questi è in pericolo di estinzione. Una valutazione di quante specie e pesci potremmo perdere è stata redatta nel World’s Fogotten Fishes, un report internazionale di 16 organizzazioni internazionali per la conservazione, fra cui WWF, Zoological Society di Londra, Global Wildlife Conservation e altre. Il rapporto World’s Fogotten Fishes sostiene che le popolazioni globali di pesci d’acqua dolce sono in caduta libera a causa della perdita degli ecosistemi, inquinamento di vario tipo legato alle azioni dell’uomo, sovra pesca, metodi di pesca devastanti, introduzione di specie invasive, effetti del surriscaldamento globale e mancanza di politiche di conservazione. Un mix letale che ha portato questi pesci a calare costantemente per numero e per specie. Questa diminuzione è direttamente collegata però anche alla vita di milioni di persone che basano le loro economie proprio sui pesci d’acqua dolce, fonte di cibo e di commercio. La tutela dei patrimoni acquatici culturali e naturali delle Tre Venezie in chiave di sviluppo sostenibile non può prescindere, come proposto dal Water Museum of Venice (membro fondatore della Rete globale UNESCO dei Musei dell’Acqua), dalla tutela delle Valli da Pesca e delle caratteristiche lagune deltizie, dove è ancora possibile praticare una pesca tradizionale di qualità e, per definizione, sostenibile. Una pesca che prevede l’uso di tecniche di cattura specifiche praticate nel Delta del Po addirittura dagli antichi Romani, che chiamavano le Valli del Delta piscinae piscariae. Per catturare il pesce da immettere in valle si attende il periodo della “montata“, quando il pesce si sposta naturalmente dal mare nelle lagune e nei delta fluviali perché vi trova maggiore nutrimento e un ambiente particolarmente favorevole. Reti poste nei punti di passaggio consentono abbondanti catture.
In questi luoghi s’intuisce come l’attività umana conviva ancora armoniosamente con la pesca e l’acquacoltura di alta qualità, parte integrante di ‘paesaggi acquatici’ plasmati dall’opera dell’uomo nel corso di secoli. Com’è noto, la pesca occupa una posizione di primo piano nel territorio del Delta del Po arrivando in alcuni luoghi ad essere la principale occupazione. Fra le principali specie interessate alla pesca nelle valli ci sono branzini, spigole, sogliole, cefali, orate, passere, latterini ed anguille. Qui, infatti, un tempo venivano preparate e fatte affumicare le anguille, allevate con grande dedizione dai pescatori locali, come riserva di proteine per tutta la famiglia. Ma oltre che per la tradizione ittica locale e la bellezza del paesaggio, l’ambiente vallivo si caratterizza anche per le tipiche costruzioni in canna e paglia: il “cason de vale”, con il grande camino semicircolare, dimora del proprietario e ricovero dei guardiani; il “casonetto”, locale adibito al ricovero degli attrezzi e la “cavana”, luogo coperto dove si ormeggiano le barche e di ricovero in caso di maltempo.
La sfida odierna dunque è quella di salvaguardare e promuovere maggiormente queste antiche pratiche per promuovere uno sviluppo sia economico che ambientale del territorio. Nelle lagune e nelle aree del delta il concetto di conservazione è così spinto che “entrare in una valle da pesca è simile all’ingresso in un’oasi naturalistica, piuttosto che in un qualunque allevamento animale. Le valli da pesca sono definite zone di eccezionale valenza naturalistica e di elevata biodiversità. Uno dei modi per mantenerle vive è quello di mantenerle produttive, in alternativa, l’abbandono della gestione idrologica di queste aree umide porterebbe al loro progressivo interramento”, come ha sottolineato Renato Palazzi dell’Azienda Regionale “Veneto Agricoltura”, dove ci si occupa di sperimentazione a supporto del settore della vallicoltura. Siamo infatti in presenza di un contesto geografico molto particolare, frutto delle caratteristiche dell’ambiente del Delta del Po e delle interazioni umane, come ben testimonia la Sacca di Scardovari, un’insenatura situata nell’area meridionale del Delta, dove le correnti d’acqua dolce incontrano l’acqua di mare salata.
Nel promuovere Venezia come capitale della sostenibilità sarà dunque possibile valorizzare il patrimonio di questi territori a 360 gradi: dalla pesca d’acqua dolce alle tecniche tradizionali e innovative di acquacoltura sostenibile proteggendo l’ambiente, incentivando nuova occupazione e nuovi progetti a tutela della stessa rete dei canali di bonifica del fiume Po, le valli interne di acqua dolce salmastre e di tutte le valli di pesca – da Valle Bertuzzi alle Valli di Comacchio – passando per le aree lagunari della Sacca di Goro e Volano, sino a tutti gli specchi vallivi del ravennate. Nel Delta vi sono ben 24 valli da pesca che occupano 3000 ettari nel comune di Rosolina, 3500 in quello di Porto Viro e 1650 a Porto Tolle.
Vai all'articolo di Domenico Letizia pubblicato all'interno di Pesceinrete